Breve discorso inutile sull’onomastico.

Nasce una bambina e probabilmente la chiami Melody o Chanelle o Natascia o Princess Consuela Bananahammock, ma è uguale anche se la chiami Maria o Giulia o Rita. Ho gugolato “onomastico” e sono capitata su un forum cattolico. Lì dicono che dare un nome a qualcuno significa inserirlo in una linea di continuità familiare e, contemporaneamente, sperare che riceva la protezione di una donna a cui migliaia di anni fa hanno amputato un seno.

Mia sorella si chiama come un lontana zia scema di mia madre. Scema significa che aveva qualche malattia che 70 anni fa non si era in grado di diagnosticare – mentale, fisica, forse era solo un po’ strana e non aveva figli, questo contava moltissimo. Comunque era la zia scema che aveva il nome di una sovrana d’Inghilterra, nessuno l’andava mai a trovare perché nessuno sa parlare con le zie, figuriamoci con quelle strane. Non credo che mia mamma volesse inserire una neonata in una qualche tradizione familiare di disturbi psicologici: credo che fosse dispiaciuta che nessuno si ricordasse mai di una vecchia rimasta sola. 

Le vecchie generazioni erano più basse di noi. Certi nonni sono così piccoli che li prendi in braccio e te li porti in giro. C’era invece questa Marianna che era altissima, più alta persino degli uomini che le stavano accanto nelle foto. Era la mamma di qualche parente di secondo o terzo grado, le abbiamo dato una collocazione precisa nell’albero genealogico soltanto qualche anno fa, e comunque ce ne siamo già dimenticati. Abbiamo due foto che la ritraggono, in entrambe sta seria e dritta con le spalle.  Io non sono così alta o seria. La vecchia generazione direbbe che quella nuova è decisamente più bassa e certi discendenti sono così piccoli che li prendi in braccio e te li porti in giro. E poi nelle foto non facciamo che ridere come smidollati. Erano due donne molto belle, forse nostra madre ha voluto inserirci in una tradizione familiare di fotogenia.

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